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Il futuro dell’Italia. Monti non fa più l’interesse del Paese M. Patrone

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E’ giunto il momento che il Pd si carichi sulle spalle questa nazione. Che cosa trattiene infatti il Partito Democratico, quella forza più onesta e responsabile del nostro paese che – a differenza di tutte le altre! – ha (da sempre!) nella mente e nel cuore il solo desiderio di fare (disinteressatamente) il bene della nazione (e – delle sue persone “più deboli”); che ogni volta in cui è tornato ad essere maggioranza, “anche” in questo ventennio, e ha preso le redini del governo dell’Italia, l’ha rimessa sulla strada del (vero) risanamento e della crescita (perché con Amato, Prodi, Ciampi e Padoa-Schioppa, mentre i conti tornavano in ordine, (ciò avveniva anche perché) si promuovevano contestualmente indispensabili – per la stessa tenuta del bilancio – politiche per lo sviluppo); unica forza che, proprio per la sua Storia, è estranea agli agglomerati di potere (più o meno trasparente) di una terra che i lasciti storici della corruzione e della opacità del potere fascista – è, questa, una delle più grandi responsabilità del regime e di Mussolini: avere affidato le redini di una nazione che il loro “capo” non odiava, alla “carica” di mediocri della marcia su Roma, di cui la lottizzazione del sottopotere capitolino di oggi rappresenta la più chiara riproposizione – costringono a fare i conti con commistioni oscure, oggetto di una attenta, e generosa, azione di indagine parlamentare da parte di Walter Veltroni (e anche, in parte, del romano Adinolfi), che minacciano il regolare, e compiuto, “gioco” (che non è tale) democratico (ne sa qualcosa Pier Paolo Pasolini); e dunque unica forza nelle condizioni di cambiare, di “liberare” e compiere finalmente la democrazia italiana (e con essa la sua – correlativa – unità nazionale); unica forza che – al netto della sua, cristiana, attenzione a chi soffre: ridicolo il dibattito sul “partito dei cattolici”: questo partito c’è già, ed è il Pd – non rappresenta specifici interessi (e quando ha la tentazione di guardare al proprio passato e di farlo, deve ricordare la propria responsabilità) e può costituire quel “partito interclassista” (o “dell’Italia”) che fu, nel secondo dopoguerra, la Dc di Alcide De Gasperi; unica forza i cui esponenti, quando sbagliano, si dimettono: e che per questo può avere il coraggio, e l’onestà, di garantire che – caricandosi sulle spalle il paese – non lo farà più. Perché questo grande, potenziale partito di donne e uomini onesti (fino al midollo), a ormai 23 anni dalla caduta del Muro, deve ancora vivere il complesso di inferiorità che gravava sul Partito Comunista, che non è (da tempo) più, rinfocolato da chi ha – invece – interessi in gioco, e al quale appartengono le donne e gli uomini eredi “diretti” di chi ha fatto il sacrificio di rinunciare ad una possibile vita di (relativo) benessere e di tranquillità, per salire nei boschi e riconquistare la Libertà di cui ancora oggi (variabilmente e la cui più grande eredità è nelle parole di Sandro Pertini: “La libertà va sempre difesa, ogni giorno, perché non è mai conquistata per sempre”) godiamo, perché questa forza che persino un bambino vedrebbe che è lì, invocata dalla Storia, perché faccia finalmente ciò di cui l’Italia ha bisogno, non si decide a prendersi questa responsabilità, e a caricarsi sulle spalle la nostra (potenzialmente, di nuovo, grande) Nazione? Matteo Patrone

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di GAD LERNER

Sono stato al convegno dell’Unicredit dove Romano Prodi ha ricordato che la Germania e’ andata avanti con la concertazione. Una bella differenza dalla mentalita’ ribadita da Monti. L’insistenza con cui il presidente del Consiglio condanna la prassi della concertazione della politica economica insieme alle parti sociali, da’ ragione agli estremisti che la contestano traendone un bilancio trentennale: il patto fra produttori, la politica dei redditi o comunque la si volesse chiamare, non ha mai recato le contropartite promesse al lavoro dipendente. Ha solo assecondato il dirottamento della ricchezza nazionale dalle buste paga ai profitti e alle rendite.

E adesso che non c’e’ piu’ nulla da redistribuire, ma solo da togliere? Ora il percorso segnato e’ quello della Grecia e della Spagna anche per l’Italia, inutile prendersi in giro. Un “percorso di guerra” come giustamente ha detto ieri Monti (ma allora perche’ prendersela con Squinzi che questa verita’ l’aveva anticipata nei giorni precedenti?). Nel quale percorso di guerra ben s’inserisce il no alla concertazione. Come dire: quel che non ci avete dato con le buone, dovremo prendercelo con le cattive. Anzi, il conflitto con i sindacati viene gradito quale riprova di “cattiveria” legittimante nell’unica vera trattativa che per Monti conti davvero: quella con l’Europa.

Vedo il premier imprigionato nella sua dinamica schematica e immodificabile. Ma non credo faccia gli interessi ne’ dell’Europa ne’ dell’Italia.

P.S. Povero Carlo Azeglio Ciampi, anche lui un tecnico e pero’ ben conscio di quanto fosse irrinunciabile la concertazione per la salvaguardia del sistema Italia. Temo che la realta’ gli dara’ ragione solo quando ormai sara’ troppo tardi.

GAD LERNER


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